Sostenibilità aziendale: come risparmiare ed evitare sprechi a mensa
Per sostenibilità aziendale si intende l’impegno concreto di un’impresa nello sviluppare un modello...
Il food waste, o spreco alimentare, comprende tutti gli alimenti e le bevande, incluse le parti non commestibili, che vengono persi o buttati lungo l’intera filiera del cibo: dalla produzione nei campi fino al consumo finale in mensa.
Questa definizione, accolta anche da Legambiente e dalle principali organizzazioni internazionali, include sia gli scarti inevitabili, come ossa e bucce, sia il cibo perfettamente commestibile che viene gettato per errori di gestione, scadenze superate o mancata pianificazione.
Nel contesto aziendale, il food waste assume un significato ancora più strategico: ogni alimento sprecato in mensa rappresenta una perdita di risorse, energia, denaro e un impatto diretto sulla reputazione dell’impresa. Ridurre lo spreco alimentare a mensa significa non solo agire con responsabilità etica, ma anche contribuire agli obiettivi di sostenibilità ambientale dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Secondo la distinzione della FAO e del Ministero della Salute, è importante separare il concetto di food waste da quello di food loss. Il food loss indica le perdite che avvengono nella fase produttiva e distributiva, mentre il food waste riguarda principalmente lo spreco a livello di consumo, quindi nelle mense, nei ristoranti e tra i consumatori finali.
Il Ministero della Salute distingue il food waste in tre categorie: evitabile, possibilmente evitabile e inevitabile. Gli sprechi evitabili comprendono tutti quegli alimenti perfettamente idonei al consumo che vengono scartati per errori organizzativi, porzioni troppo abbondanti o mancata gestione delle scadenze. Gli sprechi possibilmente evitabili sono rappresentati da quegli scarti che possono essere riutilizzati o trasformati (come pane raffermo o verdure avanzate) ma che spesso finiscono comunque nella spazzatura per assenza di processi di recupero. Infine, lo spreco inevitabile include tutte le parti non commestibili (come ossa, bucce, lische) o i residui generati da contaminazioni impreviste, che non possono essere recuperati in alcun modo.
Comprendere queste categorie è fondamentale per chi gestisce una mensa aziendale: solo così si possono identificare le vere opportunità di miglioramento. Intervenire sugli sprechi evitabili e possibilmente evitabili permette di ridurre drasticamente il food waste, adottando strategie come una migliore pianificazione degli acquisti, la formazione del personale e la valorizzazione degli avanzi attraverso donazioni o nuove ricette.
Secondo un’analisi di Euromonitor, pubblicata sul sito dell’Unione Europea a settembre 2024, nel 2022, nell'UE sono stati sprecati circa 132 chilogrammi di cibo per abitante, che hanno generato, in totale, 59,2 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, compresi sia alimenti commestibili sia non commestibili. In Unione Europea i rifiuti domestici rappresentano il 54% di tutti i rifiuti alimentari generati, l'equivalente di 72 kg per abitante. Il restante 46% è costituito dai rifiuti generati a monte della filiera alimentare: il 19% dalla fabbricazione di prodotti alimentari e bevande (25 kg per abitante), l'11% da ristoranti e servizi di ristorazione (15 kg per abitante), l'8% dalla vendita al dettaglio e da altre attività di distribuzione di alimenti (11 kg per abitante) e l'8% dalla produzione primaria (10 kg per abitante).
Anche se i maggiori sprechi di cibo si registrano tra le mura domestiche, non è da sottovalutare il food waste generato dai ristoranti e dei servizi di ristorazione, quindi anche delle mense aziendali. Per cercare di ridurli al minimo, nel rispetto dell’obiettivo 12 dell’Agenda 2030 dell’ONU “Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo”, le aziende possono adottare quattro “antidoti”.
Come suggerito dalle linee guida del Ministero “rivolte agli enti gestori di mense scolastiche, aziendali, ospedaliere, sociali e di comunità, al fine di prevenire e ridurre lo spreco connesso alla somministrazione degli alimenti”, per ridurre gli sprechi alimentari è utile adottare un sistema di supporto decisionale – software o app – per programmare in modo corretto gli acquisti delle materie prime che tenga conto della statistica dei dati di consumo e delle preferenze dell’utente finale. Molte app, oggi, sono anche in grado di consentire prenotazioni giornaliere, ma anche fino a quindici giorni più avanti, consentendo ai dipendenti di scegliere le pietanze che desiderano e alle aziende di somministrare esclusivamente i piatti richiesti. Una programmazione che aiuta ad acquistare solo gli ingredienti necessari per le ricette richieste ed evita di cucinare quantità in eccesso.
I piatti monoporzione, con le giuste grammature, sono una scelta funzionale per ridurre gli sprechi: ogni dipendente ha nel suo piatto o vassoio solo le quantità necessarie per un’alimentazione corretta e bilanciata ed è così invogliato a consumare tutta la sua porzione, evitando sprechi.
Quella delle monoporzioni è una scelta ritenuta utile anche per le attività di ristorazione e commercio. Dall’Osservatorio Internazionale Waste Watcher 2024-Università di Bologna, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari su dati ed elaborazione IPSOS, infatti, emerge che per il 51% del campione, le monoporzioni imballate possono ridurre il food waste.
Sempre le linee guida del Ministero rivolte agli addetti ai lavori per ridurre il food waste, fanno riferimento alla legge 116/2016, conosciuta anche come “legge anti-sprechi” che ha permesso di rendere più agevole la donazione da parte dei diversi comparti della filiera agroalimentare delle eccedenze di cibo a scopo solidale e sociale. Per cercare di recuperare il cibo inutilizzato o in eccesso, quindi, le aziende che gestiscono in autonomia la mensa possono collaborare con realtà impegnate in questo ambito o preferire, nella scelta dell’azienda di ristorazione collettiva a cui affidarsi, quelle realtà che hanno in essere partnership attive con chi si si occupa della raccolta e della ridistribuzione delle eccedenze alimentari.
Ridurre il food waste non è solo una questione di responsabilità ambientale. Ogni chilogrammo di cibo sprecato in azienda rappresenta una perdita economica diretta e un impatto negativo sulla reputazione aziendale. Secondo studi internazionali, le imprese che adottano sistemi di gestione certificati e innovativi possono ridurre i costi tra il 2% e il 6% e migliorare la percezione di brand agli occhi di dipendenti, clienti e partner.
Una mensa sostenibile si trasforma in un vero strumento di employer branding, fidelizzando chi vive l’azienda ogni giorno.
Le cause principali sono una pianificazione imprecisa, la produzione di piatti in eccesso, la mancata conoscenza delle reali preferenze dei dipendenti e la carenza di sistemi di monitoraggio dei consumi.
App di prenotazione, smart fridge, piattaforme di monitoraggio e sistemi certificati come il Food Waste Management System aiutano a controllare e ridurre gli sprechi.
La donazione delle eccedenze a enti solidali è possibile grazie alla legge 166/2016. In alternativa, molte aziende scelgono la trasformazione creativa degli avanzi, con ricette anti-spreco che coinvolgono i dipendenti.
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